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IL RAGAZZO DI CITTA' E L'UOMO DI CAMPAGNA


di Foro_Romano
28.07.2016    |    30.067    |    6 9.6
"Anche la sua voce era affascinante: profonda ed avvolgente..."
Pietro ormai non era più un ragazzino. Aveva 20 anni e si sentiva grande rispetto a tanti altri. Ormai da alcuni anni aveva capito però che c'era un gioco che gli piaceva più degli altri: il sesso. Aveva cominciato a farlo con alcuni compagni di studi ed altri studenti della sua facoltà, quelli più grandi. Ecco il punto! Aveva capito che a lui non solo piacevano gli uomini ma quelli più grandi e ormai si sentiva pronto a fare un passo più lungo.
Nei bagni dell'università aveva imparato a fare dei gustosi pompini con ingoio. Gli piaceva bere la sborra e confrontarne i diversi gusti e le diverse quantità. Si era anche già fatto aprire il culo più volte e sapeva che più i cazzi erano grossi e più gli piacevano. Non sempre erano quelli i più dolorosi. A volte, anche a se piccoli, gi facevano un male cane, invece alcuni grandi erano entrati come se il suo culetto fosse di morbido burro. Comunque non disdegnava il dolore iniziale. Lo faceva sentire sottomesso alla forza maschia. Gli piaceva essere usato come una troia. In fondo sapeva di esserlo.
Piccolino e leggermente cicciottello, aveva un aspetto delicato che lo faceva sembrare anche più giovane della sua età, il che lo rendeva più appetibile agli uomini ma lui ancora non era riuscito ad avere un incontro col suo maschio ideale. Benché carico di ormoni pronti ad esplodere e già abbastanza esperto nell'arte amatoria, in fin dei conti era sempre un po' timido e non era mai stato lui a cominciare gli approcci.
Tutti gli anni, nei mesi estivi, Pietro andava con la mamma in villeggiatura in un bel paese della Toscana. Le mura medievali circondavano l'antico borgo sormontato dal castello merlato sotto il quale, in una piccola piazzetta, si affacciava la chiesina, ricca di affreschi medievali. Il padre li raggiungeva nei fine settimana, quando era libero dal lavoro.
Gli piacevano molto quelle vacanze perché era da sempre affascinato dalla storia. Ma non c'era solo quella. L'aria, li su, era più pulita di quella cittadina e spesso, specialmente la sera, c'era un venticello fresco che faceva sopportare meglio la calura estiva. Inoltre, la mattina si andava tutti al mare con un vecchio pullman e ci si divertiva tra i cavalloni ed a fare castelli di sabbia. Sarà per questo che aveva deciso di intraprendere gli studi da ingegnere e non ci trovava nulla di infantile nell'esprimere ancora così la sua creatività.
Un pomeriggio, passeggiando per il paese, passò davanti al negozio più affascinante (almeno così lo vedeva lui). Vendeva di tutto: oggetti per la casa, materiale per ferramenta, giocattoli, soprammobili kitsch, tovaglie e pentole, spazzolini da denti e tende da doccia, pupazzetti e ceramiche, occhiali da sole e ciambelle galleggianti, cornici d'argento e orecchini di plastica. Era come un museo delle chincaglierie. Si capiva che alcuni oggetti erano li invenduti da anni, anzi decenni.
Ovviamente era il negozio più frequentato del paese anche se non a quell'ora, poco dopo pranzo, quando il sole era più forte e pochi avevano piacere di uscire di casa. Lo struscio lungo il corso si sarebbe svolto più tardi.
Entrò, spinto dalla curiosità di scoprirvi qualcosa di curioso, di divertente. Qualunque cosa. Entrò con la scusa di acquistare un pacchetto di fazzolettini. Dentro c'era una signora che si dilungava con la padrona a sparlare, spesso sottovoce, di qualcuno o di qualcun'altro. Cominciò a guardarsi intorno, sugli scaffali, senza fretta.
Ad un certo punto entrò un uomo. Certamente un contadino, a giudicare dal modo di camminare, dal cappello di paglia sulla testa e dalla corporatura robusta ma non grassa. Era alto, con due grossi baffi, e portava una camicia a quadri, dalle maniche corte e rimboccate, di diversi colori tra cui predominava il rosso. La teneva aperta fin quasi all'ombelico e mostrava un ampio torace completamente coperto di pelo, qualcuno bianco. Avrà avuto sui 40 anni. Sprizzava virilità da tutti i pori.
Pietro rimase a bocca aperta ma la richiuse presto rendendosi conto che era piuttosto sconveniente mostrare tanto interesse. L'uomo sembrava avesse fretta. Gli lanciò uno sguardo distratto e rapido ma così magnetico che il ragazzo rimase inebetito. Dentro di sé si sentiva il cuore in gola. Sembrava che l'uomo dei suoi sogni si fosse materializzato per incanto. Quello aspettò un po' poi, spazientito e indifferente al fatto che c'era già lui in attesa da prima, interruppe il chiacchiericcio delle donne e chiese alla padrona se aveva un certo tipo di pinze. Anche la sua voce era affascinante: profonda ed avvolgente.
Quella gliele dette, pagò ed uscì, questa volta senza guardarlo affatto. Quindi lei si rivolse a Pietro chiedendogli cosa desiderava per poter tornare presto alle chiacchiere con l'altra donna e così facendo lo risvegliò dal sogno. Era così sconvolto che acquistò i fazzolettini ed uscì per prendere un po' di aria, anche se calda. Ne sentiva proprio il bisogno.
Si avviò lungo il corso facendo lunghi sospiri per cercare di riprendersi ma certo non avrebbe dimenticato quella visione. Il suo pisello gli si era indurito e sentiva il bisogno di sfogarlo al più presto. Doveva rientrare alla pensione.
Dopo pochi passi "Ehi, tu" si sentì dire. Si voltò e dietro l'angolo della strada c'era lui. Si, proprio lui, il sogno. "Sei in vacanza?"
"Ssssi" sospirò.
"Che fai tutto solo? Non sei con la famiglia, gli amici?"
"Beh, mia madre è alla pensione. Io stavo facendo una passeggiata".
"Ah, già... una passeggiata" ripeté quello. "E hai già visto tutto del paese, scommetto".
"Si tutto".
"Certo, si fa presto. Qui non c'è molto da vedere. E la campagna qui intorno? L'hai vista? Ti piace?"
"Si, venendo ci sono passato, naturalmente".
"Certo, naturalmente", ripeté ancora. "E un'azienda agricola l'hai vista?"
"Beh, no, effettivamente".
"La vuoi vedere? Se vuoi ti porto alla mia" e lo guardò con un'aria strana. Dal duro sguardo traspariva qualcosa di malizioso.
Lui rimase in silenzio. Non gli sembrava vero.
"Allora? Vuoi venire con me? Non ti interessa forse?"
"Si, si, si, certo che mi interessa. Vengo volentieri. Grazie".
"Seguimi" e lui lo seguì. Lo fece salire su un piccolo furgoncino arrugginito e scomodo ed uscirono dal paese avviandosi per una strada sterrata e piena di avvallamenti. A volte, per gli scossoni, finiva per cadergli sulla spalla e ad ogni contatto sentiva come una scossa e il suo pisellino gli si induriva.
Forse l'uomo se ne accorse e gli mise una mano sulla coscia come per dargli coraggio. "Resisti ancora un po', arriveremo presto" ma la mano non la tolse tanto presto. Era una mano grossa, coperta anch'essa di pelo. Pietro si sentì quasi svenire, ma non certo per gli scossoni.
Arrivarono su un piazzale in terra battuta dove da una parte c'era l'edificio padronale, su un altro lato era la stalla (si sentivano i muggiti delle mucche e il tanfo degli escrementi animali) e su un altro ancora la rimessa delle macchine agricole. "Questa è la mia casa, ti piace? A proposito, io mi chiamo Bruno" e gli abbozzò un sorriso.
"Io Pietro. Ma è proprio tutto tuo qui?"
"Si, certo".
"E... ci vivi da solo?"
"Si, da quando mia moglie se n'è andata via".
"Ah, mi dispiace, scusa, non volevo..."
"Non ti preoccupare. E' stato meglio così. Vivere da solo non è poi così male".
"Ma sei proprio isolato! Non c'è nessuno qui intorno".
"No. La casa più vicina è a tre chilometri. Se urlassimo non ci sentirebbe nessuno", aggiunse con una punta di malizia. "Vieni dentro a bere qualcosa, poi ti faccio vedere le bestie". Anche qui c'era forse un po' di malizia perché sembrava che volesse pronunciare l'ultima parola al singolare.
Entrarono. Tra quelle mura spesse si stava bene. Era fresco, senza aver bisogno dell'aria condizionata. Andarono dritti in cucina. Vecchi mobili artigianali la arredavano dando all'aria il profumo di vecchio legno stagionato.
"Ti va della birra fresca? Ma puoi berla?"
"Si, sono maggiorenne" fu la sua risposta, confortevole alle orecchie dell'uomo.
Il frigo, invece, era nuovo, anzi sembrava nuovissimo. Ne tolse due lattine di birra e le posò sul tavolo. Ne prese una l'aprì e ne trangugiò un bel sorso.
Lui non si era mosso. Era rimasto ad ammirarlo. Anche quel gesto era stato così virile che si sentiva come stordito.
"Vuoi forse un bicchiere?"
"No, no" e si affrettò anch'egli a bere dalla lattina.
"Ahhh, con questo caldo ci voleva proprio una bella bevuta... Ma tu, forse, preferisci qualcos'altro", aggiunse fissandolo intensamente.
Pietro si sentì svenire. Non era colpa del caldo, né della birra, né del suo cazzetto che ebbe un ulteriore sussulto. Era quello sguardo duro, maschio. Si sentì scoperto, senza sapere (o non voleva sapere) che l'uomo lo aveva capito subito.
Lentamente quello posò la birra sul tavolo, gli si avvicinò, gli tolse la sua dalla mano e posò anche quella, lo avvolse alla vita col suo braccio muscoloso, avvicinò il viso al suo e gli dette un tenero bacio sulle labbra per poi guardarlo negli occhi. Pietro corrispose con un altro bacio superficiale. A quel punto l'uomo, avendo avuto la certezza che il ragazzo ci stava, si lanciò in un bacio profondo. Gli mise la grossa lingua in bocca e gliela rigirò dentro, togliendogli il fiato per molto tempo. Pietro si accese subito di passione. Rispose con foga ai baci, alle pesanti carezze, ai palpamenti sul suo culetto. Si lasciò andare alla forza ed alla foja di quel maschio da sogno sempre più scatenato su di lui.
"Mi piaci, piccolo... Ti voglio... Voglio farti mio... Voglio possederti..." diceva quello tra un bacio ed un altro.
"Si... si... quello che vuoi... usa il mio corpo come vuoi... sono tutto per te..." gli rispondeva voglioso e fremente.
Quello lo sollevò tra le braccia e lo portò in camera, adagiandolo sul letto e schiacciandolo subito dopo con tutto il suo peso non indifferente. Continuarono i baci profondi. Continuarono i palpamenti pesanti. Lo svestì velocemente lasciandolo lì, nudo, sdraiato, e velocemente si spogliò anche lui. Lo guardò. "Sei bellissimo" e lo accarezzava con le sue grosse mani callose.
"Anche tu mi piaci molto" disse Pietro ammirando quel corpo grande, potente, pieno di muscoli e pelo. L'uomo si mise con le cosce a lato della sua testa e il ragazzo poté vedere il grosso fallo eretto e la grande sacca dei coglioni pendente al di sotto. Con un lungo respiro si inebriò dell'odore intimo di maschio che gli alzò ancor più l'eccitazione.
Quello gli posò le palle sulle labbra e "Lecca" ordinò. Inutilmente perché il ragazzo lo aveva già fatto. Un grugnito del maschio gli dette soddisfazione e ci si mise con ancora più impegno. La saliva inzuppava e la sua linguetta bagnava e pettinava i peli dello scroto. Ne succhiava una alla volta nella sua bocca. L'uomo si tirò leggermente indietro abbassando la minchia alla portata delle sue labbra, offrendogliela senza pudore. Poté così far scorrere la lingua lungo tutta l'asta. Ripeté il gesto più volte, sempre in un'unica direzione, dal basso verso l'alto, come un micino che beve il sul latte.
Poi la grossa cappella lo puntò direttamente ed allora la prese con fatica dentro di sé leccandola e succhiandola come poteva, dato il poco spazio che gli rimaneva per farlo. "Bravo piccolo, bravo, così, bravo. Adesso ti chiavo la gola" e gli affondò tutto dentro soffocandolo. Il ragazzo ebbe un conato ma fu un attimo. Il cazzo gli venne sfilato, un attimo di respiro, ancora un affondo, ancora un conato.
"Siiii piccola troia... siiii...." Le spinte si fecero sempre più veloci, la mascella gli faceva male, la gola gli bruciava, le lacrime gli scendevano lungo le guance, ma gli piaceva, eccome se gli piaceva! Voleva soddisfare quella bestia scatenata. Capiva che quella tortura sarebbe durata ancora per poco. Avrebbe preferito farsi scopare ma forse era meglio così: un cazzo di quelle dimensioni lo avrebbe sventrato.
Aveva capito bene. "Ecco... ecco... sto per venire... Mangia... mangia il mio sperma... mandalo tutto giù... AAAHHH... AAAHHH..." e lui fu veloce ad ingoiare tutto. Era veramente tanto e, quando il cazzo venne tirato fuori, un po' di quello sperma uscì dall'intero suo labbro inferiore e gli colò sul collo, ma lui, veloce, con la mano lo prese e se lo rimise in bocca. Non voleva sprecarlo. Era così buono! Dal piacere se ne venne sulla sua pancia senza toccarsi.
Guardò il suo uomo dal basso ed un sorriso di gratitudine illuminò quel duro volto ma si accorse anche che il cazzo non aveva perduto nulla della sua rigidità e svettava ancora potente.
"Sei stato bravissimo ma non credere che sia finita qui piccolo maialino". Lo rivoltò come un fuscello sotto di sé e mise in bella vista quel suo bel culetto pallido.
"Non credere che te la cavi con un pompino. Tu mi ecciti molto e non posso sprecare tanto bendidio". Glielo accarezzò teneramente ma le sue mani ruvide riaccesero nel ragazzo la voglia forse mai del tutto sopita. Le grandi dita andarono ad aprirne il solco e misero in mostra il tenero increspato buchino che, seppur già usato, era chiuso e sembrava ancora vergine, tanto era elastico. A quella vista l'uomo tornò ad avere il massimo dell'erezione .
"Adesso ti apro in due", ringhiò.
"No, no, che vuoi fare?... (come se non lo sapesse) Mi farai male. E' troppo grosso", ma intanto lo alzava e lo protendeva all'insù. Lo temeva e lo desiderava contemporaneamente.
"Ma io voglio farti male. Voglio sentirti urlare mentre ti sfondo a colpi di cazzo. Più urlerai e più ti sfonderò. Io devo possederti completamente. Devi essere tutto mio. Tutto capito?" gli urlò.
Con un'unica potente spinta lo squarciò e gli arrivò fino allo stomaco. Il ragazzo gridò con quanto fiato aveva in gola e continuò a gridare mentre la bestia prese subito a fotterlo senza alcuna pietà.
"Credi che non ti ho capito? Era questo che volevi, puttanella, e adesso prendilo tutto. Ti è piaciuta la mia sborra, vero frocio? Adesso che sono venuto ci vorrà più tempo prima che finisca così potrò sfasciarti completamente e quando ti verrò dentro schizzerò così forte che te la farò uscire dalla bocca. Sei contenta, zoccola?"
Si che era contenta quella povera vittima. Ormai il dolore si era trasformato in un piacere mai provato. Un vero uomo maturo se lo stava scopando come un animale, con tutta la forza di cui era capace.
Finalmente, dopo quasi un'ora di quel trattamento, dopo essere stato preso in tutte le posizioni possibili, un lungo ruggito squarciò l'aria e le grosse palle pulsanti scaricarono fiotti e fiotti di sborra nel più profondo di quel corpicino.
L'uomo si lasciò andare con tutto il suo peso su di lui, sudato e spossato, mentre ancora il ragazzo rantolava squassato dal piacere. Ripreso fiato e tornato ad essere padrone delle sue azioni, il maschio si sfilò lentamente e cominciò a coprirlo di carezze e di baci, pieno di tenerezza. Il ragazzo gli sorrise, anche per fargli capire che il trattamento subito non gli era dispiaciuto affatto, e gli si accoccolò sotto un'ascella, dopo averla ripulita del sudore leccandola, e con un braccio posato sull'ampio torace villoso. Poté sentire i battiti del cuore che si andavano affievolendo.
Sentiva di essere completamente aperto dietro e la sborra che gli colava fuori. Si portò la mano sul buco e sentì che ormai era una caverna che faceva fatica a richiudersi e la sborra era così tanta che non la smetteva di uscire. Ne prese un po' con le dita e se la portò alla bocca, chiudendo gli occhi per assaporarla meglio.
"Ormai è tardi. Tua madre si domanderà dove sei finito. Dai che ti riporto in paese".
"E non mi fai visitare la fattoria?", chiese Pietro maliziosamente.
"Se vorrai, potrei fartela vedere domani".
"Verrò di sicuro se mi prometti di usarmi ancora... le stesse gentilezze".
Risero. Si baciarono e da quel giorno, per tutti i giorni della vacanza, il ragazzo volle assistere in prima persona alla "monta della vacca", come la chiamava quel bell'uomo di campagna. Fortuna che la madre non si accorse del suo strano modo di camminare.

(Si tratta di un racconto di fantasia. Le stesse cose si possono fare con le precauzioni. Non fate mai l'amore senza il preservativo. Non rovinatevi la vita, godetevela).

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